fuori dal tunnel

Cogliendo l’esortazione di  @Andreas sono uscita dal tunnel delle mail, in cui assieme alla mia compagna avevamo lanciato un HELP ai compagni di corso di Insegnare Apprendere Mutare per costruire assieme il materiale didattico per il prossimo incontro, ed ecco che mi metto a leggere con attenzione il contributo di Maria Grazia . Più che contributo direi… lezione. Ma non di quelle date dalla cattedra, in pieno stile conservativo-monastico, ma oggetto di apprendimento per imitazione…

Cerco di capire, di apprendere osservando chi è già molto più avanti sulla scala dei gradi della formazione e già si è imbattuta in fertili ambienti di apprendistato meta cognitivo. I blog di Andreas che incalzano con strategie di articolazione (incoraggiamento agli studenti), riflessione (confronto con esperti in merito a problemi), esplorazione (cercare nuove soluzioni) favoriscono lo sviluppo di attività metacognitive. Così chiunque (ma qualcuno con più valore di altri) può apportare esperienze costruttive. Mi soffermo a riflettere sul pensiero di Riccardo Massa sul fatto che le “pratiche educative  possano attivare quanto di più profondo e nascosto determina i significati del pensiero e dell’esperienza.”. Ma cosa vuol dire “significati del pensiero e dell’esperienza”? il tutto credo sia rapportabile alla percezione che ha della propria identità l’alunno (anche adulto), per cui mi rimetto al pensiero di Marco Dallari che sostiene che: “L’identità si costruisce con la conoscenza, perché ciascuno diventa se stesso grazie alle cose che sa e che sa esprimere, alla capacità di manifestare preferenze, di fare comparazioni ed esprimere giudizi. E la capacità di osservare e scoprire il mondo si conquista attraverso gli strumenti intellettuali e culturali propri di quei saperi che gli insegnanti offrono agli alunni e che ciascuno di loro, se ben guidato e aiutato, potrà elaborare in modo personale, scoprendo e costruendo grazie agli alfabeti, ai linguaggi, al patrimonio di idee e di chiavi di lettura della realtà di cui solo a scuola ci si può impadronire, la propria visione del mondo e la propria identità personale.”.

Niente brillantini sfavillanti sugli strumenti che si usano, ICT o libro cartaceo che sia. Sicuramente non sarà una LIM in classe a ridare rispetto alle istituzioni scolastiche, ma il  continuare a spremersi per far riconquistare fiducia alla scuola come @Maurizia e @Stefano. Troppe poche energie per un sistema destrutturato e fatiscente che poggia su meccanismi che comportano un continuo scollamento tra scuola e vita reale. Ma ciò che agisce e fa vivere le istituzioni sono le persone con il loro valore. Ma ad oggi solo parole… troppi alunni non sufficientemente conformi alle valutazioni sono stati bollati per la poco brillante carriera scolastica, per poi trasformarsi, come Picasso, un genio dell’arte. Le voci fuori dal coro di Don Lorenzo Milano che viene socialmente allontanato e messo a tacere, del Maestro Alberto Manzi che viene accusato di essere dissidente ai sistemi scolastici di valutazione, rimangono fari nella notte. Senza continuare a tenere d’occhio che ciò con cui operiamo, e non su cui dobbiamo operare chirurgicamente, sono “persone in crescita”, qualunque età abbiano. “Materiale fragile”, direi perchè questo è materiale “umano”. Gli ambienti di apprendimento debbono essere scardinati, a partire dall’architettura statica e dal grembiule nero di reminescenza militare. Bisogna rilanciare una nuova filosofia educativa, che parta da una nuova idea di uomo, proprio in questa società che viene divorata dagli spread e in cui i terreni agricoli vengono depredati: terra madre che si trasforma in un nuovo pozzo di petrolio, in cui l’uomo annega nel suo delirio di speculazione economica. Come insegnanti/educatori dobbiamo batterci perché da un apprendimento di conoscenze dichiarative (le nozioni dei curricola), dal “che cosa” si passi ad un apprendimento di conoscenze di pratiche il “know out” (Come), per addivenire al valore dell’insegnamento che sia un apprendimento valoriale (valori, significato, senso) saper essere “know why” (perché). “Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco” diceva Bruno Munari. La tensione educativa non può che conformarsi ai principi dell’educazione personalizzata che “è la considerazione della persona nella sua unità e totalità, che si manifesta attraverso le note della SINGOLARITA’, dell’AUTONOMIA e dell’APERTURA” (dal “L’educazione personalizzata” di Garcia Hoz). Ben vengano le iniziative come quelle del profmau  che portano in non-classe studenti e genitori per collaborano e fanno rete.

La riforma dell’insegnamento deve condurre alla riforma del pensiero e la riforma di pensiero deve condurre a quella dell’insegnamento” dice Morin.

Si potrebbe partire dal rilanciare (ma non è un’idea di oggi…) la rispettabilità dell’educatore che diviene altro da sé, nel quale l’alunno può ri-conoscersi, perché dal solipsismo egoistico dell’Io questi possa vedere il Noi. Dalla singolarità alla complementarietà, attraverso il ritorno al fondamento del Mito. Con la pratica della narrazione del Mito/fiaba perchè il  metodo ha in sé il forte potere evocativo delle parole. Con esso non sono necessarie spiegazioni, interpretazioni o commenti  perché restituisce alla persona che ascolta il protagonismo, purchè questa sia disponibile a lasciarsi trasportare dalla storia (Mario Pollo, 2005). Uscire dal curricolo imposto perché il conseguimento degli obiettivi generali deve essere declinato al raggiungimento degli obiettivi personali, passando dalla figura del docente di cattedra all’aedo, come la figura omerica, che fu vate per eccellenza, a cui è affidata la narrazione del mito. Senza paradigmi di riferimento l’uomo, l’educando più di tutti, perde il proprio umanesimo.

Certamente il difficile è sfrondare tutto ciò che c’è di inutile per la crescita personale e dare valore al processo connetivo. Il fare rete è il riconoscere il valore dell’altro, il chiedere aiuto che diviene mutuo sostegno nel processo di conoscenza che permette all’uomo incatenato con mani e piedi nel buio della mitica caverna di uscire al mondo della conoscenza della verità e non di accontentarsi delle ombre dei burattinai.

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